Paragonato spesso per il suo funzionamento ad una macchina fotografica, il sistema visivo è in realtà molto più complesso. Le immagini che noi percepiamo attraverso gli occhi non sono infatti la semplice somma dei singoli elementi dell’oggetto osservato, ma rappresentano l’espressione di come le singole sensazioni vengono integrate a livello cerebrale.

L’occhio è un organo sensoriale il cui funzionamento dipende dalla capacità di percepire le onde elettromagnetiche, e quindi la luce. In particolare la pupilla costituisce un diaframma variabile e la cornea ed il cristallino forniscono l’apparato ottico di rifrazione che proietta una piccola immagine del mondo esterno sulla retina, che ricopre la parte posteriore del bulbo oculare e che rappresenta la parte nervosa dell’occhio sensibile alla luce. La retina è formata da un sottile strato di neuroni composto da cinque tipi principali di cellule, tra cui i fotorecettori; è proprio grazie a questi ultimi che avviene la fototrasduzione, ossia il processo attraverso cui i fotorecettori convertono le onde elettromagnetiche assorbite (con una lunghezza d’onda che va dai 400 nm ai 750 nm), in segnale nervoso.

L’uomo possiede due tipi di fotorecettori, i bastoncelli e i coni, che si distinguono per morfologia, funzione, e, ancora più importante, per la loro sensibilità alla luce. I bastoncelli sono in grado di segnalare l’assorbimento anche di un singolo fotone e sono i responsabili della “visione notturna” o, meglio ancora, della visione sotto un’illuminazione tenue come può essere quella della luce lunare; sono specifici per la visione monocromatica ed in presenza di luce intensa raggiungono la saturazione.

I coni sono invece i responsabili della visione diurna e a colori, e si dividono in coni L (lunghezze d’onda lunghe tipiche della luce rossa), coni M (lunghezze d’onda intermedie tipiche della luce verde) e coni S (lunghezze d’onda corte tipiche della luce blu). La  condivisione delle informazioni che arrivano da tutti i fotorecettori genera la sensazione di quelli che sono tutti i colori.

La distribuzione dei suddetti fotorecettori è differente: la fovea (centro dell’acuità visiva) contiene solo coni, mentre pochi millimetri al di fuori di essa, i bastoncelli sono presenti in numero molto maggiore rispetto ai coni.

Ma come si attivano questi fotorecettori? Ovviamente attraverso la luce, che viene rilevata grazie alla presenza al loro interno di una molecola proteica: la rodopsina che, altro non è, che un fotopigmento. Questa molecola assume una conformazione diversa a seconda della presenza della luce o della sua assenza; in particolare, la luce determina un’attivazione della molecola che si traduce in una cascata di reazioni che determinano appunto il processo della fototrasduzione.

Oltre che elaborare le informazioni relative al contrasto e alle rapide variazioni di illuminazione, il sistema visivo analizza altri aspetti dell’immagine visiva come forma, colore e movimento. Ogni zona della retina contiene infatti diversi sottogruppi di cellule, le cellule gangliari, che sono funzionalmente distinte e sulle quali vanno a convergere i segnali provenienti dai fotorecettori. Distinguiamo pertanto cellule (M) la cui funzione sembra essere in rapporto all’analisi delle caratteristiche grossolane degli stimoli luminosi e del loro movimento, cellule (P) deputate alla percezione delle forme e dei colori la cui funzione è legata all’analisi dei fini dettagli dell’immagine, e infine cellule (W) che sono in grado di rivelare l’intensità globale della luce ambientale.

Insomma, la percezione visiva è forse uno dei sensi più complessi che abbiamo ed è quello che più di tutti ci consente di relazionarci con l’ambiente che ci circonda.

Ricordiamoci però che non è con l’occhio che si vede, come già aveva intuito Plinio, ma con il cervello.

autrice:

Dott.ssa Mercede Schintu – consulente scientifica studio essequadro | p 

bibliografia: Eric R. Kandel, Principi di neuroscienze